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Giovedì, 25 Aprile 2024

Croce

Significato

La croce è un simbolo antichissimo; ne sono stati rinvenuti reperti preistorici addirittura dell'età neolitica, per non parlare della croce ansatica

egiziana, della swastika tibetana o della croce azteca di Tlaloc. La circostanza che questo simbolo sia presente in epoche e contesti sociali diversi assumendo per contro significati analoghi, se non addirittura identici fra loro, suscita in noi emozione profonda.

Il termine Croce deriva dalla parola greca stauròs che è un palo piantato diritto (palo a punta); può servire a molteplici usi, come erigere steccati, gettare fondamenta; può avere anche il significato speciale di palizzata (fin da Omero). Di conseguenza, stauróô significa piantare pali, erigere palizzate (fin da Tucidide).

Il verbo compare più frequentemente nella forma composta anastauróô col medesimo significato. E' intercambiabile, senza apprezzabili variazioni di significato, con anakremánnymi e anaskolopízô, che significano sempre appendere (in pubblico). A seconda del tipo di applicazione penale cui si fa riferimento, può significare impalare; appendere, per disonorare una persona uccisa o per l'esecuzione capitale; assicurare allo strumento di tortura; crocifiggere.

Come anche indicano i casi più frequenti in cui è usato il verbo, staurós può quindi significare il palo (a volte appuntito in alto) al quale viene abbandonato un ucciso, quasi a significare una pena aggiuntiva, in segno di vergogna, sia appendendolo che infilzandolo; in altri casi si tratta del palo usato come strumento di esecuzione capitale (per strangolamento o altro). Inoltre staurós è il legno del supplizio, grosso modo nel senso latino di patibulum, una trave assicurata sulle spalle; è infine, come strumento di supplizio, la croce, formata da un palo perpendicolare e da una trave orizzontale, in forma di T (crux commissa) o di † (crux immissa).

In oriente si usava appendere od infilzare il cadavere del condannato per esporlo alla vista e al ludibrio di tutti. In occidente questo tipo di punizione non era usato né accettato: « L'appendere o l'assicurare a un palo di qualunque tipo, trave o croce, era un procedimento che veniva applicato a una persona ancora viva. L'esecuzione per crocifissione è attestata per la Grecia e per i cartaginesi; i romani devono averla presa da quest'ultimi. Gli orientali invece non hanno usato né sviluppato questo tipo di crocifissione ».

Al tempo di Gesù in Palestina, la condanna alla crocifissione e l'esecuzione di questo tipo di pena erano praticate soltanto dalla potenza occupante romana

La pena della crocifissione era quindi intesa più come deterrente che come espiazione, come strumento di ordine al fine di mantenere il dominio vigente. è quindi del tutto logico che lo strumento del supplizio venisse eretto in un luogo ben esposto.

I romani han fatto ampio uso di questo tipo di esecuzione. e lo strumento di supplizio adottato, lo staurós,comportava un pezzo di legno incrociato e aveva quindi la forma delle due travi in croce.

Anche studiosi Ebrei parlano del supplizio romano, facendo anche riferimento ai vangeli: « Le croci utilizzate furono di differenti forme. Alcune furono in forma di T, altre nella forma della croce di Sant'Andrea (X), mentre altre ancora erano in quattro parti (+). Il tipo più comune consisteva in un palo (palus) fermamente fissato al terreno (crucem figere) prima che il condannato arrivasse sul luogo dell'esecuzione (Cicerone, Verrine, v. 12; Giuseppe Flavio, Bellum Iudaicum, VII, 6,4) e in un trave trasversale (patibulum), recante il "titulus", l'iscrizione che attestava il crimine (Mat. 27,37; Luc. 23,38; Svetonio, Claudio, 38). Era il palo trasversale, non il palo fisso, che il condannato era costretto a a trasportare sul luogo dell'esecuzione (Plutarco, De Sera Numinis Vindicta, 9; Mt., ibidem; Gv.19,17) » - Jewish Encyclopedia, alla voce "Crocifissione".

Sono noti due modi di erigere lo staurós. Il condannato poteva venire assicurato alla croce ancora giacente a terra, sul luogo dell'esecuzione, ed essere quindi innalzato insieme ad essa. Oppure - forse questo era il caso più normale - prima si fissava a terra il palo verticale avanti l'esecuzione; poi il condannato, legato alla trave trasversale, veniva innalzato insieme a questa e fissato sul palo verticale. Poiché questa era la maniera più semplice per assicurare il condannato sulla croce e poiché l'aggiunta della trave trasversale dev'essere presumibilmente messa in connessione con la pena del patibulum riservata agli schiavi, si può dedurre che la crux commissa rappresentasse la normalità. Quanto all'altezza, la croce non doveva superare di molto la statura di un uomo.

Lo svolgimento della crocifissione secondo il procedimento romano doveva essere pressapoco il seguente: dapprima avveniva la condanna legale; solo in circostanze straordinarie poteva aver luogo un procedimento sommario sul luogo stesso dell'esecuzione; se l'esecuzione doveva avvenire in un luogo diverso da quello della condanna, il condannato stesso portava la trave trasversale (patibulum) nel luogo fissato, per lo più fuori le mura cittadine. E' qui che ha la sua origine il detto « portare lo staurós », tipica espressione per indicare la punizione di uno schiavo. Sul luogo dell'esecuzione il condannato veniva spogliato e flagellato (non è certo se soltanto qui); la flagellazione è un elemento costante nella crocifissione, tra la condanna e l'esecuzione vera e propria. Il condannato veniva legato a braccia tese sulla trave, che forse poggia sulle sue spalle. Solo in casi sporadici si parla di inchiodatura (Hdt. IX 120, 4; VII 33); non si sa con certezza se anche i piedi venissero inchiodati, oltre che le mani. La morte del condannato, appeso al palo verticale con la trave trasversale sopra, subentrava lentamente e tra sofferenze indicibili, probabilmente per sfinimento o per soffocamento. Il cadavere poteva essere abbandonato sulla croce alla decomposizione oppure a essere divorato dagli uccelli rapaci o divoratori di carogne. Sono attestati anche casi in cui il cadavere veniva poi consegnato ai parenti o conoscenti.

Alcune incertezze mostrate in quest'opera non si possono riferire alla crocifissione di Cristo così come viene narrata nei Vangeli. La Scrittura attesta infatti che, nel caso di Gesù, la flagellazione non venne eseguita sul luogo dell'esecuzione. Inoltre i Vangeli dicono che al Signore vennero inchiodati anche i piedi. I cristiani sanno quindi che la crocifissione di Gesù si svolse in questo modo. Invece, nella generalità dei casi può darsi che la procedura fosse leggermente diversa; questo le fonti storiche non permettono di stabilirlo con assoluta certezza.

 

Dal libro dei Numeri

In quei giorni, il popolo non sopportò il viaggio e disse contro Dio e contro Mosè: « Perché ci avete fatti uscire dall'Egitto per farci morire in questo deserto? Qui non c'è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero » . Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti velenosi i quali mordevano la gente e un gran numero d'Israeliti morì. Perciò il popolo venne a Mosè e disse: « Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; prega il Signore che allontani da noi questi serpenti ». Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: « Fatti un serpente e mettilo sopra un'asta; chiunque, dopo essere stato morso, lo guarderà resterà in vita ». Mosè allora fece un serpente di rame e lo mise sopra l'asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di rame, restava in vita.

Dal vangelo secondo Giovanni

Vangelo Gv 3, 13-17

In quel tempo Gesù disse a Nicodemo: « Nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui ».

 

La Croce in Oriente

Gli Orientali celebrano la Croce con una solennità paragonabile a quella della Pasqua. L'uso liturgico che vuole la Croce presso l'altare quando si celebra la Messa, rappresenta un richiamo alla figura biblica del serpente di rame che Mosè innalzò nel deserto: guardandolo gli Ebrei, morsicati dai serpenti erano guariti. Giovanni nel racconto della Passione dovette aver presente il profondo simbolismo di questo avvenimento dell'Esodo (cf prima lettura), e la profezia di Zaccaria, quando scrive: « Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto » (Zc 12,10; Gv 19,37).

La croce è gloria ed esaltazione di Cristo

Dai « Discorsi » di sant'Andrea di Creta, vescovo (Disc. 10 sull'Esaltazione della santa croce; PG 97, 1018-1019. 1022-1023).

Noi celebriamo la festa della santa croce, per mezzo della quale sono state cacciate le tenebre ed è ritornata la luce. Celebriamo la festa della santa croce, e così, insieme al Crocifisso, veniamo innalzati e sublimati anche noi. Infatti ci distacchiamo dalla terra del peccato e saliamo verso le altezze. E' tale e tanta la ricchezza della croce che chi la possiede ha un vero tesoro. E la chiamo giustamente così, perché di nome e di fatto è il più prezioso di tutti i beni. E' in essa che risiede tutta la nostra salvezza. Essa è il mezzo e la via per il ritorno allo stato originale. Se infatti non ci fosse la croce, non ci sarebbe nemmeno Cristo crocifisso. Se non ci fosse la croce, la Vita non sarebbe stata affissa al legno. Se poi la Vita non fosse stata inchiodata al legno, dal suo fianco non sarebbero sgorgate quelle sorgenti di immortalità, sangue e acqua, che purificano il mondo. La sentenza di condanna scritta per il nostro peccato non sarebbe stata lacerata, noi non avremmo avuto la libertà, non potremmo godere dell'albero della vita, il paradiso non sarebbe stato aperto per noi. Se non ci fosse la croce, la morte non sarebbe stata vinta, l'inferno non sarebbe stato spogliato. E' dunque la croce una risorsa veramente stupenda e impareggiabile, perché, per suo mezzo, abbiamo conseguito molti beni, tanto più numerosi quanto più grande ne è il merito, dovuto però in massima parte ai miracoli e alla passione del Cristo. E' preziosa poi la croce perché è insieme patibolo e trofeo di Dio. Patibolo per la sua volontaria morte su di essa. Trofeo perché con essa fu vinto il diavolo e col diavolo fu sconfitta la morte. Inoltre la potenza dell'inferno venne fiaccata, e così la croce è diventata la salvezza comune di tutto l'universo. La croce è gloria di Cristo, esaltazione di Cristo. La croce è il calice prezioso e inestimabile che raccoglie tutte le sofferenze di Cristo, è la sintesi completa della sua passione. Per convincerti che la croce è la gloria di Cristo, senti quello che egli dice: « Ora il figlio dell'uomo è stato glorificato e anche Dio è stato glorificato in lui, e lo glorificherà subito » (Gv 13, 31-32). E di nuovo: « Glorificami, Padre, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse » (Gv 17, 5). E ancor: « Padre glorifica il tuo nome. Venne dunque una voce dal cielo: L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò » (Gv 12, 28), per indicare quella glorificazione che fu conseguita allora sulla croce. Che poi la croce sia anche esaltazione di Cristo.

 

La Croce nell'Islam

Per l'Islam la croce ha invece un significato sapienziale. Simbolo delle due direzioni dell'essere (verticale) e del fare (orizzontale) , l'una dell'Anima l'altra della psiche e della materia . Il centro è il Cuore. La psiche si manifesta nel mondano, nel corporeo, nella dimensione orizzontale dell'agire, della parola ma fa anche da ponte con l'Anima Divina nell'atto della introversione, della contemplazione, del sentimento che si raccoglie ricettivo sul mistero dell'Essere. La verticalità si riflette nell'orizzontalità come il cielo nel mare. In quest'ultimo tutto è forma e divenire ma specchio di un'unica Realtà.

 

Altri significati della Croce

Il significato più comune attribuito alla Croce è la raffigurazione del sole. Presso i popoli antichi il sole era sovente divinizzato, siccome associato all'idea di vita. La croce ansatica è anzi così detta perché è chiaro il riferimento al geroglifico "nkh",vita. In alcuni disegni tibetani le braccia della swastika appaiono anzi sovrapposte in guisa da simboleggiare la copula tra l'uomo e la donna, quindi il momento della creazione della vita.

La raffigurazione stilizzata di due persone di sesso diverso che si uniscono intimamente fra loro per dar vita a una nuova creatura, ci induce a riflettere su un altro significato della Croce, e cioè la risoluzione dialettica degli opposti (maschio/femmina; vita/morte; verticale/orizzontale; razionalità/intuizione, ecc.). Tali opposti sono le due braccia della croce, che venendo assorbite in un unico contesto, cioè la Croce stessa, appaiono non più antitetici, bensì complementari fra loro.

Le due braccia della Croce possono inoltre essere considerate come quattro semirette che hanno origine dal medesimo punto, ottenendosi così una divisione de piano in quattro parti uguali.

Pregnante è il significato del numero quattro. Tanti erano, secondo i presocratici, gli elementi che componevano il mondo: terra, aria, acqua e fuoco; altrettante le parti che si riteneva componessero l'uomo:corpo, mente, anima e spirito. A ciascuna di esse corrispondeva, rispettivamente, ognuno dei quattro elementi suddetti. Quattro elementi, dunque, aventi ciascuno caratteristiche proprie l'uno dístínto dagli altri, eppure tutti armoniosamente coordinati fra loro.

Ricordiamo che la croce era il geroglifico alchemico del crogiuolo, in tardo latino detto crucìbulum, parola la cui radice, secondo taluni, era crux, croce. Il crogiuolo, per l'appunto, è lo strumento dove la materia prima, lavorata col fuoco, trova la morte per risuscitare trasformata

 

La scoperta delle ossa di un uomo crocefisso

Non si chiama Yehoshua Mi Nazeret (Jesus Nazarenus) ma Yohanan Ben Hagkol. Non aveva 33 anni ma 25. Il ritrovamento delle sue ossa resta tuttavia l'unica testimonianza concreta della stessa crocefissione con cui morì Gesù. L'ossuario di pietà con lo scheletro di Yohanan (il cui nome è nell'iscrizione dell'ossuario) è stato ritrovato in una grotta per sepolture a nord di Gerusalemme, nel quartiere Givat Ha Mivtar. Quando Vassilios Tzaferis, del dipartimento israeliano delle Antichità, che dirigeva gli scavi, aprì quell'urna, capì di essere di fronte a una scoperta storica. Quel morto, certo contemporaneo di Gesù, non era una personalità e nulla sappiamo di lui, neppure di quale colpa fu accusato. E' il modo in cui trovò la morte che l'ha reso celebre: nel suo piede, all'altezza della caviglia, si vede conficcato un chiodo, con tanto di supporto di legno per tenerlo più stretto. Un ritrovamento sensazionale. "Sotto l'impero romano, in tutte le sue province" spiega Tzaferis "migliaia di persone morirono sulla croce. Secondo le fonti storiche, il supplizio era per gli schiavi, i prigionieri di guerra e i ribelli al dominio di Roma. Tra questi ultimi il più noto era Gesù, mandato a morire nel 30 d.C. circa. Mai tuttavia avevamo trovato prova che la crocefissione avvenisse con l'uso di chiodi su piedi e mani come descritto dai Vangeli". Joseph Zias, l'antropologo israeliano che, dopo il ritrovamento, ha studiato le ossa di Yohanan Ben Hagkol, aggiunge: "E' possibile che la maggior parte delle crocefissioni avvenisse solo con l'uso della corda che il condannato, con i piedi appoggiati a un tassello di legno e le mani legate ai polsi attraverso la croce, morisse comunque di stenti in poche ore. I chiodi si conficcavano quando il martirio doveva risultare più doloroso: in casi eccezionali".

Gesù di Nazareth fu uno di questi.

"Ora, mentre lo conducevano via, presero Simone, un nativo di Cirene, che veniva dai campi, e posero il palo di tortura su di lui perché lo portasse dietro a Gesù. ... Ma altri due uomini, malfattori, erano pure condotti per essere giustiziati con lui. Ed essendo giunti al luogo chiamato Teschio, vi misero al palo lui e i malfattori, uno alla sua destra e uno alla sua sinistra. Inoltre, per distribuire i suoi abiti, gettarono le sorti. E il popolo stava a guardare. Ma i governanti si facevano beffe, dicendo: "Ha salvato altri; salvi se stesso, se questo è il Cristo di Dio, l'Eletto". Anche i soldati lo schernirono, avvicinandosi e offrendogli vino acido e dicendo: "Se tu sei il re dei giudei, salva te stesso". Al di sopra di lui c'era anche un'iscrizione: "Questo è il re dei giudei". - Luca 23:26-38