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Produrre biodiesel

 

In Italia il biodiesel è volutamente introvabile, in questa situazione, l’unica soluzione rimane quella che già molti italiani stanno facendo: utilizzare olio vegetale o meglio ancora farsi il biodiesel in casa

 

L'articolo completo di foto e altre importanti illustrazioni è apparso su Aam Terra Nuova - numero di giugno 2005.

Nonostante i numerosi vantaggi ecologici e ambientali, il biodiesel continua ad essere introvabile, allora non resta che farcelo da noi. C’è davvero da mettersi le mani nei capelli: da una parte le città sotto assedio dello smog e il prezzo dei carburanti continuano a salire; dall’altra si fa poco o nulla non solo per ridurre il traffico veicolare, ma neanche per facilitare l ’impiego di carburanti ecologici come il biodiesel che oltre a presentare caratteristiche molto simili al gasolio, lubrifica la pompa di iniezione, costa meno e bruciando produce meno emissioni inquinanti. Nonostante i numerosi vantaggi, in Italia il biodiesel è volutamente introvabile, in questa situazione, l’unica soluzione rimane quella che già molti italiani stanno facendo: utilizzare olio vegetale o meglio ancora farsi il biodiesel in casa. Ed è proprio questo quello che ci proponiamo con questo articolo. A questo punto, merita fare una precisazione rispetto a quanto sta circolando in questi giorni su vari siti e giornali. E’ vero che l’olio vegetale (in particolare l’olio di colza) può in molti casi sostituire egregiamente il gasolio. Già Rudolf Diesel, inventore del motore omonimo, utilizzava l’olio di arachidi come combustibile, (erano i primi anni del ‘900). Ma ahimè le cose poi sono andate come sappiamo, il petrolio ha preso il sopravvento e oggi l’ultima generazione dei moderni motori diesel non sempre è compatibile con il propellente vegetale usato in origine. Il problema non è tanto nelle impurezze presenti nell’olio vegetale, quanto nella viscosità degli oli vegetali, più densi rispetto al gasolio comune, che mette sotto sforzo la pompa di movimentazione del combustibile; inoltre la maggior viscosità diminuisce il grado di miscelazione con aria e quindi l’efficienza di combustione. Per tali ragioni non è consigliabile utilizzare olio di colza se non in minime quantità miscelato al gasolio. Se si vuole usare un olio vegetale come combustibile, l’unico modo è dunque riportarlo a valori di densità paragonabili al gasolio attraverso una reazione di transesterificazione (ossia la trasformazione di un estere in un altro estere), in grado di spezzare le molecole dei trigliceridi che compongono l’olio, in catene più piccole e quindi più fluide. Ecco fatto il biodiesel, all’anagrafe Emv (Estere Metilico Vegetale), combustibile pulito, rinnovabile e ad effetto serra nullo (ributta in aria la CO2 assorbita dalle piante durante la crescita). Un po’ di chimica Per fare chiarezza sui termini che ho usato, gli esteri non sono molecole che provengono da oltreconfine (passatemela), ma semplicemente una specie chimica che si forma dall’unione di un alcool con un acido grasso. Gli acidi grassi sono a loro volta molecole tutto sommato molto simili agli idrocarburi a lunga catena presenti nei distillati di petrolio. I trigliceridi sono esteri formati da una molecola di glicerina (che è un trialcool) e da tre acidi grassi. Essendo una molecola piuttosto grande rispetto a quelle lineari degli idrocarburi, per poterla utilizzare come carburante è necessario spezzettarla, eliminando la glicerina e “attaccando” gli acidi grassi ad un alcool più piccolo, come il metanolo. Questa è la transesterificazione; non è un gioco di prestigio inventato dal mago Silvan, ma si tratta solo di scambiare un alcool grosso e “ramificato” con uno piccolo e semplice. Facciamolo in casa! Seguendo questa reazione e usando come materia prima i trigliceridi che provengono da qualsiasi fonte, olio vegetale nuovo, olio fritto di cucina (molto economico!), grassi animali è possibile produrre un combustibile riciclando addirittura scarti alimentari. In concreto per la realizzazione occorrono 3 molecole di alcool metilico per ogni molecola di trigliceride da trasformare e un po’ di catalizzatore (soda caustica) per promuovere la reazione. Tradotto in misure a noi più familiari ci vorrebbero: 0,1 litri di metanolo e circa 3,5 g di soda caustica (NaOH) per ogni litro di olio fresco. Ma siccome ogni reazione tende ad un equilibrio e noi vogliamo che tutto l ’olio sia trasformato e non solo una parte, si usa un eccesso di alcool per spingere la reazione verso la totale conversione. Quindi la ricetta finale è: X litri di olio fresco + 0,2 *X litri di metanolo + 3,5*X grammi di soda caustica. Come detto, si può adoperare anche l’olio usato in cucina dopo la frittura, ma in tal caso va aggiunta una aliquota in più di catalizzatore per neutralizzare gli acidi grassi liberi e va eliminata l’acqua e le scorie di cibo eventualmente presenti. In linea di massima con oli non troppo usati la dose totale di NaOH è circa 6,25 g per litro. Purtroppo il metanolo non è facile da reperire, inoltre è soggetto a severi controlli dopo i gravi casi di sofisticazione del vino di alcuni anni fa, infine è un composto tossico per contatto e ingestione e va usato con le dovute cautele e precauzioni. Per tutti questi motivi è consigliabile utilizzare in sua sostituzione il comune etanolo, il classico alcool etilico rosa del supermercato. C’è però una precisazione da fare: l’alcool deve essere assolutamente anidro (quindi quello a 90° non va bene) perché l’acqua parassita la reazione, bloccandola e promuovendo una reazione di saponificazione che manda tutto a monte. Quindi bisogna procurarsi dell’alcool etilico assoluto (99,9%) e usare una maggiore quantità di catalizzatore (7 g/litro di olio contro i 3,5 g/litro per il metanolo); occorre anche una maggiore quantità di alcool (27,5% contro il 20% di olio necessario con il metanolo). Il processo prevede che prima si mescoli l’alcool con il catalizzatore, in questo modo si ottiene un intermedio reattivo (il metossido di sodio, o l’etossido a seconda dell’alcool). Successivamente si unisce il metossido a l’olio a una temperatura tra i 35 e i 60 °C (optimum a 45-50 °C) agitando il tutto per circa un’ora. Esperimenti in cucina L’attrezzatura necessaria è composta da: un fornelletto elettrico, una bilancetta da cucina precisa al grammo, una vecchia pentola in disuso della capienza di circa 3 litri e un agitatore (realizzato con un trapano elettrico fissato su una colonnina, con un perno e una rondella saldata per smuovere il liquido). Per evitare inutili sprechi è consigliabile provare con un litro alla volta. Ecco come procedere: Mescolare circa 275 cc di alcool etilico (CH3-CH2-OH) con 7 g di soda caustica (NaOH) fino a completa dissoluzione (in questo modo si ottiene l'etossido). A parte, mettere a scaldare la pentola con un litro di olio di semi e, raggiunti i 50 °C, aggiungere l’etossido. Subito dopo la miscela si intorpidisce, diventando di colore scuro. A questo punto si inserisce nel liquido l’agitatore (realizzato con il trapano). Dopo un’ora, si spengono fornelletto e agitatore. A questo punto la miscela comincia a separarsi in due fasi, sul fondo si deposita la glicerina (ottima per creme emollienti e prodotti cosmetici) densa e scura, in alto l’estere (il biodiesel), più chiaro e liquido. Si lascia riposare qualche ora per la completa separazione e poi si prosegue. La cosa migliore è poter utilizzare un recipiente con un rubinetto sul fondo, in modo da fare defluire prima la glicerina e dopo l’estere. Ci siamo quasi. L’ultima operazione da eseguire è il lavaggio del biodiesel. L ’importante è essere precisi e attenti nelle varie fasi, o si rischia di ottenere degli insuccessi, reazioni che non avvengono, o si fermano a metà. Tenete presente che usando alcool etilico, invece del metanolo, tutta l ’operazione è più impegnativa, sia in termini economici, che in termini di cura dei particolari e tempo necessario, per contro vi ripaga con una minore probabilità di successo (è proprio un ingrato!). L’unico vantaggio è la minore tossicità. L’importanza del lavaggio Il lavaggio del biodiesel potrebbe sembrare superflua, ma è essenziale per eliminare tutti i residui poco raccomandabili per la salute del motore. Ci sono diversi modi per effettuare il lavaggio, ecco uno dei più semplici. E’ sufficiente una botticella di plastica da 50 litri con un rubinetto in fondo, una pompetta da acquario per soffiare aria, e relativa tubazione ed erogatore. Ho messo il biodiesel da lavare nella botticella (30 litri per volta) e ho aggiunto 10 litri d’acqua. A questo punto ho lasciato gorgogliare l’aria nell’acqua (che, essendo più pesante, si deposita in fondo) in modo da creare una corrente continua tra acqua tirata su dall’aria e biodiesel. L’acqua si lega ai residui disciolti nel biodiesel e li trascina con sé in basso. Lasciare decantare l ’acqua (che diventava biancastra) per circa 8 ore e farla defluire a sedimentazione completata. Ripetere il trattamento 3 volte, finché l ’acqua non rimane pulita. Quindi si apre il rubinetto e si lascia defluire tutta l’acqua, quello che rimane è il biodisel pronto all’uso!La prova del nove A questo punto, bisogna farsi coraggio e buttare nel serbatoio la “pozione magica”. Conviene provare prima con pochi litri, aggiunti al gasolio già presente nel serbatoio, poi se tutto va bene si può utilizzare il biodiesel puro al 100% autoprodotto. Se avete seguito correttamente tutte le istruzioni, sentirete il motore girare perfettamente, e in modo più silenzioso e “rotondo” del solito. Ma la cosa più entusiasmante è constatare che dal tubo di scarico esce praticamente solo “aria calda”, priva di odore, e che anche nelle accelerate più profonde con la terza marcia non si forma la classica fumata del turbodiesel. Ad oggi con il biodiesel preparato in casa ho percorso più di 1000 chilometri senza inconvenienti di sorta. Anche i consumi sono ottimi, la mia auto ha reso circa 20 km/litro di biodiesel (motore VW 1.4 TDI 3 cilindri).

 

Il rovescio della medaglia.

Purtroppo accanto ai numerosi aspetti positivi fin qui elencati, ce ne sono anche di negativi. Innanzitutto il costo. Preparare il biodiesel in casa non è poi così economico come potrebbe sembrare, alla fine viene a costare come il gasolio del distributore o poco meno, tranne nel caso in cui si utilizza dell’olio da cucina usato. In definitiva farsi il biodiesel in casa è più una provocazione nei confronti di enti, istituzioni e governi che dicono di preoccuparsi della salute dei cittadini, ma che non fanno niente di concreto. E’ la dimostrazione concreta che con pochi sforzi si può inquinare meno. C ’è poi anche l’aspetto fiscale, con il carburante “fai da te” di qualsivoglia natura non si pagano le accise sui carburanti per cui, anche se animati dai migliori propositi, si è a tutti gli effetti degli evasori fiscali. Insomma, oltre la beffa il danno.

 

I vantaggi del biodiesel

Il biodiesel è un prodotto ecologico perché non immette ulteriore anidride carbonica (CO2) nell’ambiente dato che, provenendo dall’estrazione di un seme oleoso, la CO2 prodotta dalla sua combustione è stata in precedenza sottratta dall’aria attraverso la fotosintesi clorofilliana per cui il suo utilizzo non fa aumentare l’effetto serra ne contribuisce all’aumento del riscaldamento della temperatura terrestre. I vantaggi però non finiscono qui perché l’utilizzo di questo combustibile per autotrazione apporta ulteriori benefici: Le sostanze che andiamo a bruciare nel biodiesel sono esteri degli acidi grassi, sostanze altamente energetiche che hanno in più già presenza di ossigeno nelle molecole per cui la loro combustione nel motore è più completa per cui aumentano il rendimento e generano meno incombusti e polveri. Il biodiesel è più facilmente infiammabile per compressione del normale gasolio e questo è un’enorme vantaggio per i motori diesel dove il combustibile brucia per compressione e non attraverso la scintilla delle candele come i motori a scoppio. Il biodiesel non contiene assolutamente composti aromatici nella sua composizione per cui contribuisce in minima parte all’incremento degli idrocarburi poliaromatici (IPA) cancerogeni prodotti dai normali combustibili derivati dal petrolio. Il biodiesel non contiene zolfo, dunque non contribuisce all ’immissione di anidride solforosa nell’ambiente che, oltre ad essere tossica ed irritante per la gola, contribuisce in modo rilevante all’aumento dell’acidità delle piogge. Il biodiesel, ottimizzando la combustione, produce meno inquinanti come monossido di carbonio ed ossidi d’azoto. Il biodiesel contribuisce a mantenere pulito tutto il sistema d’iniezione del motore contribuendo ad aumentarne l’efficienza e diminuendo la necessità di manutenzione. Per la produzione di biodiesel si possono utilizzare materie prime come olio di colza o di girasole, ma anche oli e grassi di frittura, contribuendo così al vantaggioso riciclaggio di potenziali rifiuti. Inoltre c’è un’enorme convenienza energetica nella produzione di biodiesel nel saldo tra spese energetiche di produzione e ricavi energetici, in pratica fornisce più energia di quella necessaria per la sua produzione, dunque non "consuma" risorse. Per tutti questi motivi, la Comunità Europea, cosciente di dover intervenire sui fronti del trattato di Kyoto per la diminuzione dell’emissione di CO2 e sulla diminuzione dell’inquinamento urbano e nazionale, ha emanato una serie di direttive per incentivare l’utilizzo del biocarburanti (2003/30/CE, 2003/96/CE). In controtendenza rispetto ad altri paesi, il governo italiano, dopo aver incentivato nella scorso anno la produzione di biocarburanti, defiscalizzando una produzione pari a 300000 tonnellate è tornata sui suoi passi e, con l ’articolo 527 della finanziaria 2005 ha ridotto di 100000 tonnellate la quantità di biocarburante in esenzione d ’imposte. Questo mentre in Germania il governo ha concesso una produzione illimitata di biocombustibili in esenzione d’imposta, in Francia ha incrementato di un terzo la quantità in esenzione e lo stesso Presidente Bush, che notoriamente ha forti interessi familiari e personali nella produzione e commercio di prodotti petroliferi, ha varato alcuni mesi fa un piano federale d’incentivo alla produzione di combustibili ecocompatibili.

 

Alcune precauzioni necessarie

  1. Dal punto di vista sicurezza se si scalda l’olio per la reazione di tranesterificazione producendo esteri più volatili del materiale di partenza, alle temperature di reazione, sono più facilmente infiammabili dell’olio stesso dunque ci può essere pericolo d’incendio.
  2. Il metanolo è molto tossico, ricordiamoci il vino al metanolo, e bolle ad una temperatura di 61 °C. Nelle condizioni di reazione ne passa molto allo stato di vapore generando pericoli d’intossicazione per inalazione.
  3. Come è stato suggerito, è possibile utilizzare in alternativa al metanolo, alcol etilico ma non l’alcol denaturato che contiene dal 5 al 10% di acqua ed inibisce la reazione di catalisi della soda caustica.
  4. L’alcol etilico assoluto costa molto e contiene residui di benzene cancerogeno dovuto al tipo di distillazione utilizzata per ottenerlo.
  5. La stessa soda caustica, usata come catalizzatore, è pericolosa per la pelle e soprattutto per gli occhi e non è il caso di manipolarla con disinvoltura e senza opportune protezioni.